Probabilmente il solo album “progressive” in grado di entusiasmare anche i detrattori più feroci del genere, e capitolo di spicco di una discografia mediamente buona, In The Court Of The Crimson Kingsegna l’esordio dei King Crimson, creatura del geniale chitarrista inglese Robert Fripp. Con lui, in questa prima di molte incarnazioni, Ian McDonald ai sassofoni e alle tastiere, Michael Giles alla batteria e il paroliere Peter Sinfield, oltre a Greg Lake (basso e voce), che di lì a poco si unirà in trio con Keith Emerson e Carl Palmer. Non sono proprio dei debuttanti, questi musicisti facenti parte dei King Crimson che, partendo alla grande, entrano in studio e superata una falsa partenza (cambiano produttore) in soli otto giorni registrano un album che trasporta tutti — ascoltatori e musicisti — in una dimensione nuova, forse quella del nuovo decennio in arrivo. Cinque le tracce, tutte a loro modo capolavori: a partire da 21st Century Schizoid Man, abrasiva come un nascituro hard rock e scossa da dissonanze e repentini cambi di tempo, proseguendo, in un meraviglioso gioco di contrasti, con la delicatezza quasi eterea di I Talk To The Wind e la vibrante epicità di Epitaph (in cui a farla da protagonista è il mellotron), per arrivare al bizzarro minimalismo di Moonchilde ai crescendo pseudo-orchestarle di The Court Of The Crimson King. In sostanza, un matrimonio perfetto di pop e rock con classica e jazz, in cui la richezza degli arrangiamenti e il virtuosismo dei musicisti non sono mai fini a se stessi, risultando anzi, (quasi) sempre indispensabili al delicato equilibrio globale. I King Crimson fanno un passo in avanti: le loro non sono semplici canzoni con sonorità innovative, sono piccole suite che alludono alla musica barocca, a oscure mitologie esoteriche, e hanno un andamento classico, ben più complesso della solita alternanza tra strofa e ritornello (e inciso, ovviamente). E’ grazie (anche) a questo disco che nasce il progressive, o prog, destinato, in tutte le sue varianti (più o meno sinfonico, più o meno folk) a risuonare — soprattutto in Europa — per tutti gli anni Settanta. Un’atmosfera musicale che offrirà possibilità di espressione più ampie e riflessive sull’uomo contemporaneo.

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