Alle radici del cosi detto southern rock, ma soprattutto di una serie di incursioni strumentali che hanno reso la Allman Brothers Band una delle compagini più affiatate e propense alla jam di tutti i tempi. Giocoforza scegliere dalla sua discografia la performance indimenticabile al Fillmore East di New York del ’71, dove i fratelli Duane (chitarra) e Gregg (tastiere) Allman duettano con l’elettrica di Dickey Betts, si fanno sostenere da una grandissima sezione ritmica composta da due batterie (Jay Johanny Johanson e Butch Trucks) e basso (Raymond Berry Oakley) e inventarono , in generale, un modo nuovo di concepire il rock dal vivo, raffinato e legato a forme improvvisative vicine ai sapori jazz dell’epoca.

Memori delle fantasie psichedeliche a cavallo dei decenni, gli Allman reinterpretarono espansivamente classici blues (Statesboro Blues, Stormy Monday) come pure originali estenuanti ma avvincenti (su tutte gli oltre venti minuti di Whipping Post).

E’ questa la loro dimensione ideale, come conferma il successivo Eat A Peach, uscito quando Duane è già scomparso in un incidente motociclistico lasciando un’eredità impressionante — ampiamente documentata negli anni succesivi — come turnista e performer.
At Fillmore East è uno dei più bei dischi dal vivo della musica rock, un documento sonoro degli anni ’70 obbligato per un appassionato di musica, un album che bisogna avere in ogni discografia che si rispetti.

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