La storica “cinque giorni” di New York contro il nucleare, tenutasi nel settembre del ’79, divenne un triplo album live con straordinarie esibizioni.

La festa al Madison Square Garden dal 19 al 23 settembre, fu una festa di suoni di canzoni senza frontiere, di jam sessions e di speranza per un futuro in cui, come disse Stephen Stills, “sia possibile costruire un’industria sulla forza benefica del sole. E per far questo partiamo da una chitarra”. La cinque giorni di No Nukes fu una Woodstock “per una causa”, per l’altra generazione, quella dell’impegno degli anni Settanta, meno ottimista, ma altrettanto carica di motivazioni.
La organizzarono quelli del Muse (Musicians United for Safe Energy), un gruppo di musicisti animati dal sano desiderio di cambiare prima l’America e poi il mondo. Capeggiati da Jackson Browne e Graham Nash, allestirono la più grande festa musicale dei nostri anni (e anche l’ultima di tale portata).

La canzone guida fu “Power” di John Hall, che venne eseguita a più voci, nel pieno di un tormento emotivo che è, ancora adesso, perfettamente “raggiungibile” con l’entrata di James Taylor che intona “I know that…”. Sono brividi che hanno quasi trentanni che allora centrarono l’obiettivo di scatenare nei giovani (solo nei giovani?) una nuova passione, a metà tra l’ideale e la politica di tutti i giorni.

No Nukes fu anche il disco di “Crow on the cradle” cantata da Jackson Browne e Graham Nash, della “Stay” divisa fra lo stesso Jackson e Bruce Springsteen, e poi di James Taylor, Carly Simon, Ry Cooder, Chaka Khan, Doobie Brothers, Poco, Crosby Stills & Nash, Gil Scott-Heron, Bonnie Raitt, Raydio, Tom Petty, Sweet Honey in the Rock, Jesse Colin Young e John Hall maestro di cerimonie.

via | http://artesuono.blogspot.it

Categorie: blogmusica

0 commenti

Lascia un commento

Segnaposto per l'avatar