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Ci sono musicisti che a vent’anni hanno già detto tutto quello che potevano dire. Ce ne sono altri, invece, che a cinquanta suonati incominciano a dire le cose più importanti della loro vita.

Il caso dei fratelli Neville di New Orleans è quanto mai sintomatico di quanto detto sopra. I Brother’s, hanno percorso in silenzio e dignità la china di una fama ardentemente e meritatamente ricercata. Il successo del loro penultimo album, “Yellow Moon”, è la testimonianza di una fede nella musica che va al di là delle mode o dei generi.

Tra le altre cose, hanno il pregio di non poter essere facilmente catalogabili per genere. La loro musica non è mai stata inserita perfettamente in alcuno dei tanti compartimenti in cui è divisa la musica americana. Sembra infatti che, i negozianti non sappiano mai esattamente dove mettere i loro dischi. E’ capitato di trovarli nei posti più impensabili: nella sezione country, in quella gospel… Questa confusione ha indubbiamente danneggiato la loro promozione radiofonica e non solo.
Che “Brother’s Keeper” sia il prolungamento di “Yellow Moon”, sembra fin troppo ovvio, e questo depone comunque a suo favore. Ma forse si tratta di un disco ancora più vario e più bello del precedente. I Neville Brothers, sanno mischiare tutto il loro vasto sapere musicale in un unico sforzo sonoro che conta R&B, rock, blues, jazz, gospel, funky, reggae, folk-rock, ecc…
Le prodezze vocali di Aaron, Re Mida della voce, inebriano il loro sound dilatato e rarefatto. Il suo canto nero, profondo africano, crea un legame di sangue con la madre Africa.

Il titolo “Brother’s Keeper”, racchiude in sé il tema centrale del disco: ognuno di noi è il guardiano del proprio fratello. Le canzoni, attraverso un “talking” suggestivo, parlano del loro credo (sono ferventi discepoli della chiesa Battista), con un reggae solare, ci parlano della libertà d’espressione. Con atmosfere quasi epiche, si preoccupano di dire che, ogni uomo deve rispettare il proprio fratello, l’espressione del suo modo d’essere e di ciò che vuole fare con la propria vita. Attraverso un sound caraibico, cantano dell’importanza della responsabilità individuale. Tra antiche polifonie sonore e la stridula melodia araba, ci fanno notare che l’apatia è distruttiva ma che la politica può spesso appannare la verità. Con un parlato solenne, ci fanno capire che, la sofferenza di ogni uomo, donna, bambino oppresso, tocca profondamente le vite di ciascuno di noi.

I Neville si preoccupano di tutte queste cose e vogliono essere d’aiuto in qualunque modo possibile. La musica, in questo caso, può essere una forza potente, una grande fonte di aiuto, di guarigione. La loro è una musica calda, suggestiva. Il suono entra dentro di noi, in profondità, per cercare di sensibilizzare quella parte non facilmente raggiungibile, dove i sentimenti e le emozioni cercano di proteggersi da agenti esterni, per evitare scossoni, responsabilità, e vivere latenti, nel loro oblio.

Questo è un disco che non lascia indifferenti, i loro testi e la loro musica riescono a scaldare anche gli animi più gelidi, per la gioia della mente, del corpo, dell’essere. Questo è il loro motore trainante, che li rendono “grandi”.

Con questo disco i fratelli Neville, hanno finalmente ricevuto l’attenzione che si meritano, il pubblico si è reso conto che non è necessariamente vero che a quarant’anni si sia meno coraggiosi che a venti.

via | http://artesuono.blogspot.it

Categorie: blogmusica

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